GSD, Ground Sample Distance. Il punto chiave del rilievo fotogrammetrico: la scelta della scala di restituzione.
Abbiamo deciso di scrivere questo articolo per chiarire un argomento metodologicamente basilare nel procedimento di progettazione di un rilievo fotogrammetrico digitale sia aereo che terrestre: la definizione della GSD, Ground Sample Distance. L’automazione del processo di restituzione fotogrammetrica, con l’elaborazione di ortofoto e ortofotopiani metrici e misurabili, fa apparire tale metodologia “facile“, “veloce“, alla portata di tutti. L’intervento del software può facilmente far dimenticare all’utente che, per ottenere un risultato metricamente corretto e soprattutto per conoscere e controllare l’errore risultante di un rilievo, occorre saper interpretare ogni fase del rilevamento, prevederne le problematiche, conoscere l’attrezzatura topografica e fotografica che ci si presta ad utilizzare.
Questo accade spesso non solo dalla parte del cliente, che si sente autorizzato a sottovalutare i risultati di un lavoro, ma anche dalla parte del professionista stesso, che affidandosi esclusivamente alle oramai enormi potenzialità dei moderni software senza conoscerne i principi di funzionamento, ne accetta a occhi chiusi ed inconsapevolmente i risultati. La conseguenza, per il tecnico, è certamente l’ottenimento di immagini, ortofoto, modelli tridimensionali di grande effetto visivo dalle quali tuttavia non è desumibile il dato tecnico e il livello di precisione. In buona sostanza: si possono facilmente ottenere dei modelli che non possono essere chiamati “rilievi” in quanto non se ne conosce l’errore. La lettura di una qualsiasi misura su uno di tali modelli restituisce un numero non associato ad un dato livello di “accettabilità”.
GSD, Ground Sample Distance: TUTTA QUESTIONE DI GEOMETRIA
La GSD è, a nostro parere, il primo dato da impostare nella preparazione di un rilievo fotogrammetrico. Ma di cosa si tratta? In una ortofoto, la Ground Sample Distance rappresenta la distanza tra il centro di due pixel consecutivi espressa in unità di misura territoriale. E’ in altre parole, la “quantità di terreno contenuta in un “campione” di immagine”, ossia nella più piccola entità che compone l’immagine stessa: un pixel, essendo la misura del pixel espressa in metri: es. GSD = 3m/pix significa: ogni pixel dell’immagine contiene (= rappresenta) 3 metri di oggetto reale rilevato. Il pixel può essere pensato come l’unità di misura dell’immagine e, per il calcolo del GSD tale unità di misura viene espressa in metri. E’ facilmente intuibile come esista un rapporto di proporzionalità inversa tra il valore GSD e la definizione di una immagine: quanto più grande è il pixel tanto minore è il suo livello di dettaglio. Viceversa, quanto più piccolo è il GSD, tanto più dettagliata è l’informazione contenuta nel relativo pixel. Un GSD = 20 cm/pix (20 centimetri reali “contenuti” in un solo pixel immagine) indicherà una ortofoto molto meno dettagliata di una che ha un GSD = 2 cm/pix (20 centimetri reali “contenuti” in un solo pixel immagine).
In funzione dell’obiettivo del rilievo quindi, è di primaria importanza stabilire come primo passaggio chiave del procedimento, quale è la definizione finale del prodotto da ottenere, ossia la scala di restituzione. La scala di restituzione sarà infatti diversa a seconda che si tratti di un rilievo territoriale, piuttosto che architettonico o archeologico, piuttosto che di dettaglio (es. decori, oggetti di piccole dimensioni, dettagli costruttivi, ecc…). La GSD non deve essere casuale, e l’ottenimento della scala di restituzione “di progetto” è, lo vedremo nel seguito, tutta una questione di geometria simile.
La Ground Sample Distance dipende dalle caratteristiche geometriche della fotocamera (dimensione sensore e focale impiegata) oltre che dall’altezza di volo/distanza di presa. Governa il tutto ovviamente l’obiettivo del rilievo, il dettaglio richiesto e il margine di errore che siamo disposti ad accettare. Dovendo, per esempio, rilevare una superficie territoriale estesa facilmente il dettaglio richiesto non è eccessivo: la scala territoriale infatti arriva normalmente al 1:1000 o 1: 500 al massimo. La fase di restituzione inoltre è facilitata dall’elaborazione di immagini che abbracciano ampie porzioni di superficie, per ottenere le quali si possono effettuare gli scatti ad altezza elevata impiegando obiettivi a focale ridotta (es. 24 mm). Altra cosa è il rilevamento di piccoli oggetti o manufatti, in cui la scala finale richiesta può arrivare anche al 1:20 e le condizioni di acquisizione delle immagini possono non essere così agevoli.
Ed ancora, nella restituzione architettonica il rilievo deve essere in grado di offrire informazioni di grande dettaglio, a partire dalla scala 1:100, 1: 50 e anche inferiori. E’ quindi buona norma ridurre la distanza/quota di presa e usare obiettivi a focale maggiore (dal 50 mm in poi). Riportiamo a tal proposito la classica eccezione che conferma la regola: nelle immagini sottostanti si può vedere l’ottimo livello di dettaglio ottenuto elaborando immagini scattate con una GoPro ad una distanza media di 2-3 mt. dall’oggetto. In questo caso la buona sovrapposizione di immagini ha consentito al software di concentrare la restituzione sulla parte centrale dei fotogrammi, eliminando le aberrazioni dovute alle distorsioni indotte dall’obiettivo della fotocamera. L’apposizione di adeguati Ground Control Point ha fatto il resto.
Metodi a parte per il controllo delle deformazioni dei fotogrammi, la definizione del Ground Sample Distance è tutta una questione di geometria simile: due triangoli sono simili se hanno ordinatamente gli angoli uguali e i lati in proporzione. Il rapporto tra due lati omologhi è quindi costante. Con riferimento allo schema iniziale che riproponiamo a lato:
dimensione pixel : dimensione oggetto = focale : altezza(distanza) di presa
ossia d : D = f : H
dove d è la dimensione del pixel ottenuta come rapporto tra una dimensione del sensore (dato tecnico della fotocamera) e il n° di pixel in ogni fotogramma nella stessa dimensione (dato contenuto nell’EXIF delle foto). Da ricordare che il numero di pixel di una immagine può cambiare a seconda delle impostazioni di della fotocamera decise dall’utente. La dimensione del sensore, banalmente, non può invece cambiare. Quindi, data una focale, a parità di sensore utilizzato, si possono ottenere GSD differenti.
PER LA GEOMETRIA SIMILE E’ COSTANTE IL RAPPORTO, CHE CHIAMIAMO GSD, TRA:
- d/D dimensione del singolo pixel e dimensione della corrispondente area abbracciata sul terreno
- f/H distanza focale e H di presa
si può quindi dire che GSD = d / D = f / H
Da questa semplice eguaglianza tra rapporti di entità simili, è possibile pertanto richiamare la medesima proporzionalità che lega, nella scala di rappresentazione grafica, una unità del disegno ad una quantità N di oggetto reale raffigurato (es. 1 entità del disegno, 1 cm, rappresenta 1 metro di oggetto reale nella scala 1:100; 1 entità del disegno, 1 cm, rappresenta 20 cm di oggetto reale nella scala 1:20).
si può quindi ancora dire che GSD = d / D = f / H = 1 / N
Se il rapporto GSD deve essere una costante, allora anche H (quota di presa) deve essere il più possibile costante. Ciò nella realtà può essere difficoltoso a causa delle asperità del terreno, delle differenze di quota, della presenza di vegetazione, manufatti, ostacoli vari, ecc…. E’ per questo che si parla di SCALA MEDIA DI RESTITUZIONE DI PROGETTO. Tale scala media di restituzione di progetto è facilmente diversa comunque dalla GSD finale effettiva del modello: nello stabilire i parametri di acquisizione dei fotogrammi infatti si può solo fare una stima a priori di quelle che possono essere le asperità del sito per esempio, le differenze di quota di un manufatto o di un terreno, ecc…. Quando più accurata sarà la stima fatta in fase di progetto del rilievo fotogrammetrico, tanto più fedele all'obiettivo iniziale sarà il risultato.
Se il rapporto GSD deve essere una costante, allora anche H (quota di presa) deve essere il più possibile costante. Ciò nella realtà può essere difficoltoso a causa delle asperità del terreno, delle differenze di quota, della presenza di vegetazione, manufatti, ostacoli vari, ecc…. E’ per questo che si parla di SCALA MEDIA DI RESTITUZIONE DI PROGETTO. Tale scala media di restituzione di progetto è facilmente diversa comunque dalla GSD finale effettiva del modello: nello stabilire i parametri di acquisizione dei fotogrammi infatti si può solo fare una stima a priori di quelle che possono essere le asperità del sito per esempio, le differenze di quota di un manufatto o di un terreno, ecc…. Quando più accurata sarà la stima fatta in fase di progetto del rilievo fotogrammetrico, tanto più fedele all’obiettivo iniziale sarà il risultato.
Con questo si vogliono sottolineare due aspetti fondamentali:
1. non va trascurato il rilievo topografico preliminare alle fasi di volo vero e proprio: il rilievo in sito infatti rappresenta sempre uno strumento di verifica e controllo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, dell’errore finale del modello fotogrammetrico elaborato;
2. tutti i dati di input devono essere il più costante possibile! Diffidare quindi dei voli sempre automatici! I software di pianificazione delle missioni di volo dei droni (oltre a “non conoscere” ciò che noi dobbiamo rilevare e il risultato che vogliamo ottenere….) non sempre offrono la possibilità di variare la quota di volo lungo il tracciato. Questo significa che se bisogna rilevare un sito che presenta forti dislivelli e facciamo volare la fotocamera sempre alla stessa quota, il GSD varierà moltissimo all’interno dello stesso modello, diminuendone l’attendibilità metrica. Ciò che conta quindi non è la costanza della quota di volo rispetto al punto di decollo, quanto piuttosto la costanza della quota di volo dall’oggetto che dobbiamo rilevare, per mantenere la quale sarà necessario effettuare, molte volte, i voli pilotando in manuale.
Nelle immagini seguenti. A sinistra: volo corretto. A destra: volo non corretto
Con questa semplice proporzione è possibile spiegare come sia stato possibile ottenere un rilievo 1:50 dell’Abside della Chiesa di San Secondo in Cortazzone con una GoPro: la distanza di presa era ridotta. Sapendo che la distanza focale è 2.77mm, la distanza media di presa è 3 mt., il fotogramma è grande 4000 x 3000 pixel e ogni pixel è grande 0.00159798mm (fotogramma grande 6,39 x 4,79 mm), si ottiene un GSD = 0.16 cm/pix circa: ogni pixel rappresenta 0.16 cm della facciata della Chiesa.
La restituzione poteva spingersi a scale di rappresentazione anche più dettagliate! Bisogna ricordare che l’operazione finale è, comunque, la digitalizzazione di una immagine raster che comporta sempre un certo grado di errore dovuto alla interpretazione, alla sensibilità grafica ed alla manualità dell’operatore.
A parità di quota/distanza di scatto la GSD (pixel) è tanto più piccola quanto più grande è la focale e viceversa: la focale dell’obiettivo infatti è il parametro che ci permette di “avvicinarci” o “allontanarci” dall’oggetto, andando quindi ad intervenire sul rapporto f/H, avendo fissato il rapporto d/D. Un altro esempio conclusivo, di cui riportiamo due immagini sottostanti: uno scatto a sinistra e un dettaglio dell’ortofoto a destra. Riprese effettuate da 25 metri di altezza con fotocamera full frame da 6016 x 4016 pix, dimensione pixel 0.00598159 (dimensione fotogramma in mm 36×24, focale 24 mm. GSD = 0.623 cm/pix. Scala di restituzione ottenuta 1:100.
In sintesi. Al primo posto, secondo la nostra esperienza, prima di tutto c’è l’obiettivo del rilievo: inutile elaborare immagini pesanti e di grande dettaglio se stiamo restituendo un enorme campo di papaveri. In secondo luogo c’è una semplice relazione di proporzionalità che lega quota/distanza di ripresa, caratteristiche geometriche della fotocamera (focale e sensore) e scala di restituzione. In questo secondo ordine di considerazione bisogna anche fare i conti con le proprie disponibilità di strumentazione. A maggior ragione la definizione iniziale dei parametri di acquisizione immagini, sia terrestre che aerea, ci aiuta a comprendere fin dove possiamo arrivare con la strumentazione in nostro possesso, oppure ci può offrire un ottimo indirizzo per l’acquisto di nuova attrezzatura hardware e software. Infine, ma non certo per importanza, c’è la costanza dei dati di input: le campagne di acquisizione dati in sito, tanto topografiche quanto fotografiche, non devono trascurare gli aspetti morfologici, geometrici e caratteristici del sito. Quanto più costanti sono tutti i dati di input tanto più omogenea sarà la distribuzione dell’errore finale, tanto più attendibile sarà il nostro rilievo. L’aspetto fondamentale è che se abbiamo imparato a conoscere il procedimento che un software di sfm segue, almeno in via di principio, per l’elaborazione di un modello fotogrammetrico, sapremo garantire con responsabilità e consapevolezza il risultato del nostro lavoro al cliente.
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